Comportamenti da tenersi da parte del medico di fronte ad un caso di Acromatopsia.

prof. Luciano Bonomi
Già primario della Clinica oculistica dell’Università di Verona

L’acromatopsia congenita è una affezione molto rara cosicché accade che la maggior parte dei medici, anche se oculisti esperti, non ne abbia mai avuto alcuna esperienza. Da ciò possono nascere inconvenienti e comportamenti inadeguati.
Assai spesso il paziente affetto da acromatopsia non riceve o tarda a ricevere tutta l’assistenza di cui ha bisogno. Egli rischia inoltre di essere costretto ad inutili e scomode peregrinazioni da un centro all’altro con negative conseguenze psicologiche e talvolta con aggravio economico non giustificato. Si tenga conto del fatto che incertezze nella diagnosi e nella prognosi ed eventualmente consigli errati possono rendere più difficile l’affrontare questa già di per sé pesante condizione.
L’acromatopsia non può essere curata ma è dovere del medico fare tutto ciò che è possibile per aiutare i pazienti e le loro famiglie.
Per queste ragioni è altamente desiderabile che ogni oculista abbia conoscenze chiare, anche se esse saranno forzatamente limitate, su questa condizione patologica e sui comportamenti che essa richiede.



Sospetto diagnostico. È per prima cosa essenziale che al medico si affacci tem-pestivamente il sospetto diagnostico di essere di fronte a questa rara e grave condizione in modo da poter predisporre gli approfondimenti del caso.
Ciò dovrebbe essere abbastanza facile nel caso di un bambino già collaborante o di un giovane adulto; diviene assai più difficile nel caso di un bambino molto piccolo che non sia in grado di collaborare. D’altro canto una diagnosi precoce è auspicabile per molte ragioni. In tal caso un corretto orientamento nascerà, più che dall’esame del piccolo paziente, dall’attenta e sagace valutazione dei dati comportamentali che i genitori non mancheranno di riferire. In questo caso sono soltanto coloro che vivono col bambino ad essere in grado di osservare i comportamenti tipici della condizione e le loro variazioni in rapporto alle situazioni ambientali e di illuminazione.
Diagnosi. L’orientamento diagnostico si basa su più elementi di cui alcuni molto tipici.

Acuità visiva molto ridotta
Di solito è compresa tra 1/50 ed 1/10 per la visione a distanza. Tipicamente la funzione visiva peggiora grandemente con l’aumentare della illuminazione e diviene migliore e di gran lunga più confortevole ai livelli di illuminazione più bassi.
Fotofobia
È il sintomo più caratteristico. I pazienti sono molto infastiditi ed invalidati dai livelli di illuminazione elevati. Per difendersi assumono comportamenti ed atteggiamenti particolari: strizzano le palpebre, sfuggono alle sorgenti luminose, prediligono gli ambienti poco illuminati e si trovano meglio nelle condizioni di luminanza crepuscolari e notturne. Adottano, anche spontaneamente, berretti muniti di visiera e portano occhiali scuri con montatura avvolgente.
Obbiettività
Sin dalla più tenera età i soggetti affetti da acromatopsia presentano nistagmo che si accentua in condizioni di luminanza alta, nei tentativi di fissazione specie per lontano. Per minimizzare il nistagmo il soggetto adotta posizioni viziate del capo che gli permettono una migliore funzione visiva. Per il resto l’obbiettività è negativa.
Mancanza della percezione dei colori
Essa è completa o quasi completa a seconda delle diverse varietà cliniche. Nei soggetti di età adatta sarà facilmente rivelata dai comuni test per la visione dei colori.
Dati elettrofisiologici
Gli esami elettrofisiologici daranno la conferma di certezza della diagnosi. Tipicamente il tracciato ERG fotopico sarà assente o quasi, mentre quello scotopico apparirà normale.

Diagnosi differenziale. Va posta fra alcune entità cliniche diverse fra loro, di differente prognosi, e che richiedono consigli e provvedimenti diversi:

  • acromatopsia congenita completa o monocromatismo dei bastoncelli;
  • acromatopsia congenita incompleta;
  • monocromatismo dei coni per il blu;
  • acromatopsia cerebrale.

Distrofia dei coni e distrofia dei coni e bastoncelli. Queste diagnosi differenziali sono tutt’altro che facili ma un adeguato approfondimento diagnostico è indispensabile. Esso si raggiungerà avviando il paziente ad un centro dotato di un buon laboratorio di elettrofisiologia, scelto possibilmente fra quelli che hanno avuto occasione di studiare altri soggetti acromati. Attualmente può essere molto utile il ricorso ad un laboratorio di genetica molecolare con specifica esperienza. Informazioni preziose circa i centri più adatti potranno essere ottenute dalla Associazione Acromati Italiani ONLUS. Il paziente dovrà essere accompagnato da una dettagliata descrizione della situazione clinica ed in particolare dei dati comportamentali.
Cosa può fare il medico. Non esistono terapie per l’acromatopsia congenita. Tuttavia il ruolo del medico è essenziale: egli può validamente contribuire a rendere meno pesante l’affezione e ad aiutare validamente il paziente ed i suoi familiari.

  • Il raggiungimento di una diagnosi certa ed accurata riduce l’angoscia della famiglia e rende più sostenibile la situazione. Per questo il medico non deve esitare a rivolgersi ai centri competenti. Chiarimenti dettagliati circa la natura e la prognosi della malattia sono di grande aiuto.
  • La prognosi deve essere presentata con chiarezza. L’acromatopsia congenita è fortemente invalidante ma deve essere chiarita la sua natura non progressiva. Il comprensibile timore di una futura cecità deve essere fugato. Anche per questo l’esattezza diagnostica è essenziale. La possibile confusione con malattie evolutive, come la distrofia dei coni, deve essere evitata. Deve essere chiarito che, seppure non esista una terapia, esistono provvedimenti che possono significativamente aiutare il paziente e rendere possibili molte attività. La sicurezza con cui il medico presenta questi argomenti è essenziale anche per evitare gli inutili, costosi e frustranti “viaggi della speranza” cui talvolta i pazienti si sottopongono.
  • Spesso gli acromati hanno anche altre alterazioni oculari come vizi di rifrazione, anche elevati, che vanno accuratamente corretti. Ciò può essere reso difficile dalla bassa acuità visiva e dalla modestia dei miglioramenti che la correzione ottica può ottenere. Ciò nonostante deve essere fatto ogni sforzo per ottenere quei miglioramenti che, anche se modesti, possono risultare preziosi per il paziente.
  • L’acromatopsia congenita è malattia molto rara e per gli interessati può risultare molto difficile reperire persone e centri dotati della reale competenza necessaria per fornire tutto l’aiuto possibile. Il modo migliore per ottenere le informazioni necessarie è ancora il rivolgersi all’Associazione Acromati Italiani.


Consiglio genetico
. Come avviene per altre condizioni geneticamente determinate, gli interessati temono di trasmettere la malattia alla eventuale prole e chiedono consigli su questo punto. Coloro che non hanno competenza specifica devono astenersi dal dare consigli genetici che potrebbero risultare errati ed aggravare inutilmente il peso della malattia. L’acromatopsia congenita tipica si trasmette come tratto recessivo dovuto ad un gene molto raro nella popolazione: la prole ha quindi bassissime probabilità di risultare affetta. Vanno evitati soltanto i matrimoni fra consanguinei.
Tuttavia, altre forme apparentabili a quella principale si trasmettono con modalità diverse.
Il consiglio genetico va lasciato ad un genetista esperto e deve essere basato anche su studi di genetica molecolare.
Provvedimenti riabilitativi. Non rientrano propriamente fra i compiti del medico che difficilmente dispone delle competenze necessarie. Il paziente non va però lasciato senza supporto, bensì avviato a centri competenti che potranno anch’essi essere indicati dall’Associazione Acromati Italiani. In tali centri l’interessato riceverà i consigli e le informazioni che gli saranno utili.
Ciò riguarda la identificazione delle attività possibili, delle migliori condizioni ambientali da ricercare, dei filtri più adatti da scegliere e della loro forma più adeguata (tipo di occhiale e/o lente a contatto), degli eventuali ausilii ingrandenti più adatti per le singole attività.
Si tenga conto del fatto che queste scelte devono rispondere a criteri precisi: per esempio, il tipo di filtro più conveniente può essere diverso a seconda delle varianti della malattia; gli ausilii ingrandenti vanno scelti con molto raziocinio a seconda delle attività e delle necessità reali del paziente e della sua volontà e capacità di utilizzarli. Oggi esistono molti mezzi che possono sensibilmente aiutare l’acromate e permettergli un accettabile inserimento sociale ma egli non deve essere abbandonato a se stesso.
Particolarmente critica l’educazione dei bambini acromati che richiede accorgimenti particolari ed una stretta collaborazione fra medici, riabilitatori ed operatori scolastici. Data la delicatezza della situazione è necessario anche un coinvolgimento di psicologi bene informati della problematica, delle possibilità riabilitative e delle prospettive future. L’azione dello psicologo può fortemente condizionare l’accettazione delle condizioni di vita dell’acromate e quella degli eventuali ausilii.